Noi che semo de Roma, semo gente semplice, gente de borgata, ma cor soriso su le labbra e cor luccicone, che se commovemo facile.
Semo quelli cor core cantatore quanno er sole scenne e more.
Semo quelli caa vespetta e cor pizzardone che ce rincore.
Caa chitara.
Caa barca ereditata da mi’ nonno.
Quelli cor Ponentino.
C’avemo na predilezzione pe’ la “ere”, la mettemo ar posto de la “elle”, semo er contrario de li cinesi che la ere manco la sanno pronuncia’ e c’hanno quei musi piatti che pare che j’hanno tirato na’ mattonata ‘n faccia.
Però na ere sola, che doppia è erore.
Semo quelli co’ li spaghetti ajo e ojo e cor carciofo a la giudia.
A noi sto politicamente cor retto mica ce sconfifera tanto.
Ah, se scrive tuttattaccato?
Ma che ce frega de Trumpe edde Bbaiden, politicamente corretto e senzaretto, semo ragazzi fatti cor pennello e le ragazze famo innamora’.
Daniela Polci è laureata in Scienze Agrarie all’Università della Tuscia. Ha vissuto in Olanda dal 1990 al 2003, dove ha lavorato come ricercatrice nel vasto campo dei cambiamenti climatici, focalizzando la sua attenzione sulla simulazione dell’effetto serra e sullo studio delle sue conseguenze a livello di biomassa microbica del terreno e tournover degli elementi. Parallelamente ha svolto in quegli anni un’intensa e appassionata attività di propaganda di lingua e cultura italiane. È tornata da alcuni anni in Italia, dove si occupa di agricoltura biologica.